Era l'inizio degli anni '80 e mentre tutto il mercato si affannava a rincorrersi con prodotti sempre più grandi e potenti, dotati di controlli e lucine, Antony Michaelson, deus ex machina di Musical Fidelity debuttava con il “suo” A1. Piccolo, semplice, esteticamente anonimo, e con “soli” 20 W circa in classe A pura. Una scelta difficile, e per molti aspetti. La sua intenzione non era infatti quella di competere con gli integrati giapponesi, ma bensì di rivaleggiare con una certa parte dell’Hi-Fi che poi sarebbe diventata l’Hi-End per come la conosciamo adesso, fatta dall’ML2 di Mark Levinson o dal DR3 di Classè per esempio, amplificatori molto costosi, in classe A, e che avevano conquistato la parte più abbiente del mercato. Voleva dimostrare -e ci riuscì pienamente- che con poco più di un milione delle vecchie lire ci si poteva avvicinare molto a quel suono. Affidò la progettazione a Tim De Paravicini, recentemente scomparso, un genio nella progettazione e che ha contrbuito allo sviluppo dell'Hi-Fi per come la conosciamo adesso. A1 era versatile, aveva un buon ingresso Phono MM/MC, e, soprattutto, suonava magicamente. Per riuscire nel difficile compito di contenere i costi, Tim fu però costretto ad utilizzare il coperchio come elemento dissipante, che ovviamente scaldava molto, forse troppo, tanto da rendere impossibile poterci appoggiare qualsiasi cosa. Questo fece conquistare all’A1l’appellativo di “bistecchiera”, vista la particolare forma del coperchio/aletta. Musical Fidelity A1 è rimasto nella leggenda, ed è divenuto una vera pietra miliare, tanto da essere tra gli oggetti più ricercati sul mercato dell’usato.
È stato considerato tra i migliori integrati della storia.
Adesso ritorna in una versione aggiornata;
componenti moderni, ma esattamente con lo stesso
suono che ha fatto sognare tanti appassionati!
Per fare questo è stato
utilizzato il tasto che nell’A1 originale era del Tape Monitor e che invece
adesso si chiama Normal/Direct. L’esigenza è venuta dal maggiore livello di
uscita che hanno le sorgenti odierne, in luogo di quelle degli anni ’80, per le
quali c’era bisogno di alto guadagno. Il phono MM/MC, selezionabile da pannello
posteriore è a discreti, con selezione automatica dell’impedenza. Il
potenziometro del volume adesso è un Alps della Serie RK e unica concessione
alla “modernità” il telecomando che effettua -però- solo la regolazione del
livello. Uguale al passato la selezione degli ingressi, con il tipico rimando
al commutatore nelle vicinanze del pannello posteriore; dal punto di vista
estetico praticamente nulla è cambiato, se non il colore della spia di
accensione, nella versione degli anni ’80 fatto con una lampadina, e adesso con
un più moderno LED di colore blu, e nelle dimensioni, leggermente più grandi in
larghezza.
5 Commenti
Che dire, è veramente una leggenda. Mi sembra di tornare indietro di 40 anni, quando è stato, per diverso tempo, il mio amplificatore integrato di riferimento.
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